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Carlo Carlini, Medico Odontoiatra e Specialista in protesi mobile.

– Intervista tratta dal sito della Clinica Ezio Costa: www.clinicaeziocosta.it

 

Oggi incontriamo il dottor Carlo Carlini, medico odontoiatra e specialista in protesi mobile.

È un curriculum di tutto rispetto quello del dottor Carlo Carlini, che in Clinica segue gli aspetti diagnostici, chirurgici, parodontali, implantologici e protesici delle riabilitazioni complesse. Laureato in medicina e chirurgia nell’82 presso l’Università di Padova, è iscritto all’elenco degli odontoiatri legali dell’Associazione Nazionale Dentisti Italiani (ANDI) e all’Albo Periti del Tribunale Civile e Penale di Verona. Fondatore di “Smile Mission Onlus”, che promuove progetti di assistenza odontoiatrica in Italia e nei Paesi in via di sviluppo, da oltre un anno affianca all’attività del proprio studio la collaborazione con il team del dottor Costa.

Dottor Carlini, ci parli un po’ del settore in cui è specializzato…

Mi occupo degli aspetti chirurgici e protesici delle riabilitazioni complesse su denti naturali e su impianti e mi dedico in modo particolare alla protesi mobile: secondo me, infatti, vi ruota attorno un po’ tutta l’odontoiatria ricostruttiva, perché quasi tutte le altre branche odontoiatriche hanno con essa uno scambio virtuoso di principi ed indicazioni. Inoltre a mio parere questo settore riesce a dare meglio di altri una visione d’insieme del paziente dal punto di vista medico, psicologico ed umano. Per gli stessi motivi, mi sto avvicinando sempre più anche al settore dell’estetica e del benessere globale della persona: ho frequentato all’Università di Tor Vergata a Roma un master biennale su questi temi, trovando poi una bella sintonia con il dottor Costa.

Una partnership, quella con il dottor Costa, che ha radici lontane…

Sì… Lavoro qui in Clinica dall’ottobre 2016 ma conosco il dottor Costa da una trentina d’anni: si può veramente dire che siamo cresciuti insieme! C’è fra noi un ottimo rapporto in quanto ci completiamo nei rispettivi punti di forza, lavorando al meglio e con soddisfazione, perché quando c’è stima e sinergia ci si sente reciprocamente valorizzati. Il dottore è sempre aperto e disponibile ai miei suggerimenti e viceversa: questo è uno scambio molto positivo, perché credo ci sia sempre bisogno di migliorare, integrare, aggiornarsi, crescere.

Una sintonia riassumibile nella filosofia da voi pienamente condivisa.

Sì: tutto comincia davvero dal sorriso. La salute di bocca, sorriso e viso è sicuramente una componente primaria nel benessere fisico e psicologico dell’intera persona. Ecco perchè i miei interventi odontoiatrici ed estetici mi fanno sentire profondamente medico. Credo in un’odontoiatria di eccellenza, ma sostenibile: proporzionata, cioè, alle risorse, capacità di collaborazione e vere necessità di ogni singolo paziente. Ritengo che questa sia la vera “eccellenza”… Questi sono sempre stati i principi della mia attività professionale e le attestazioni di stima e affetto da parte dei miei pazienti di lunga data sono per me una conferma di ciò in cui credo.

Filosofia che inevitabilmente si riflette nel suo metodo di lavoro…

Adempiere a una funzione medica comporta a mio avviso la necessità di procedere sempre con un’analisi accurata dello stato di salute generale del paziente, prendendo in esame non solo le patologie per cui si rivolge a me, ma anche altri eventuali problemi non strettamente di mia pertinenza, per poterlo consigliare e guidare, riferendolo al medico di base e ai colleghi specialisti in altri ambiti. Sono convinto dell’importanza di questa collaborazione: noi rivestiamo spesso il ruolo di “sentinelle sul territorio” nell’intercettazione e nella diagnosi precoce di molte patologie importanti. Al termine della terapia, poi, il paziente viene seguito in base ad un programma di mantenimento che si articola in igiene e controlli periodici, tenendo conto di abitudini, esigenze e stili di vita individuali.

 

 

Parliamo di pazienti di età non giovanissima: quanto è importante in questi casi il primo approccio, l’instaurarsi di un rapporto di fiducia?

Mi occupo di anziani, a vario titolo, fin dai tempi della scuola superiore. La prima considerazione che dobbiamo aver sempre presente è che non ci troviamo di fronte a persone diverse da noi, ma che stiamo vedendo noi stessi quando arriveremo alla loro età: questo ci aiuta a manifestare il dovuto rispetto e ad entrare in sintonia. È importante rassicurarli, perché spesso tendono istintivamente a coprire fragilità e insicurezze dovute agli inevitabili handicap fisici che non accettano: in primis, nel nostro caso, l’edentulismo e l’incoordinazione motoria e masticatoria, ma anche problemi di udito. È documentato scientificamente che non c’è un rapporto proporzionale tra la qualità del manufatto protesico e il grado di accettazione del paziente: ci sono molti altri fattori che intervengono, anche a livello psicologico, ed è compito del curante evidenziarli e gestirli. È indispensabile mettersi in empatia con il paziente: assumere il suo punto di vista, per capire le sue vere necessità ed accompagnarlo nel farle emergere, perché talvolta neanche lui ne è del tutto consapevole… se ci poniamo in questo modo, stabilendo con il paziente un’alleanza terapeutica e facendolo sentire protagonista del trattamento, ci accorgiamo che molte volte è lui stesso a indicarci la strada, il percorso più idoneo nel suo caso specifico: basta saperlo ascoltare! Questo, in realtà, vale per tutte le tipologie e fasce d’età dei nostri pazienti e metterlo in pratica è fondamentale, a mio avviso, nella nostra missione.

Quali sono, a suo parere, i punti di forza della Clinica?

Per rispondere posso dire come mi trovo, come mi sento io: per me venire qui è molto piacevole, anche perché posso staccare dalle incombenze gestionali e organizzative del mio studio per dedicarmi esclusivamente al lavoro sul paziente. Mi sento pienamente valorizzato ed a mio agio… grazie anche agli ottimi collaboratori, a partire da Gloria, la mia assistente, sempre solare e piena di energia. Trovo positivo l’atteggiamento di tutto il personale, che trasmette entusiasmo, voglia di crescere e migliorarsi sempre… caratteristiche che non devono mai venir meno! Tutto questo in Clinica si respira, si percepisce chiaramente, e credo sia lo stesso per i pazienti.

Quali consigli darebbe a un giovane che decide di intraprendere il suo percorso?

Sii consapevole di essere incaricato dal paziente della responsabilità di curarlo: per questo, assumi fin dagli inizi della tua carriera la consuetudine di riesaminare con umiltà, intelligenza e senso critico il frutto della tua opera: la documentazione fotografica e la redazione di un diario clinico aiutano molto in questo. Approfondisci il perché le cose siano andate in un certo modo… In quest’epoca votata al consumismo, in cui le prestazioni sanitarie vengono sentite spesso come una “merce” e i pazienti rischiano di diventare “utenti” cui dedicare un tempo standardizzato e dettato dalla produttività, è importante che ti fermi a riflettere con la tua testa, con cuore e buon senso, prima di fare una diagnosi e formulare un piano di trattamento.
Agli inizi della carriera, quando c’è poca esperienza, ma a volte anche in seguito, può succedere di non avere le idee chiare su cosa fare o, all’opposto, di averle fin troppo chiare: in questi casi non essere precipitoso, chiediti se esistano altre possibilità, torna sulle tue prime valutazioni, prendi tempo e chiedi consiglio a chi è più esperto.
Non confidare troppo nella tecnologia, nei protocolli, nelle diagnosi che vanno in automatico. Io mi ripeto sempre il richiamo al dubbio che ci lasciò un grande maestro scomparso, il dottor Mario Beltrame: “Non si sa mai… ”, intendendo che nel successo e nell’insuccesso alla fine non siamo mai completamente padroni dell’esito dei nostri interventi. Per questo dobbiamo essere prudenti, cercando di evitare o arrivare gradualmente agli interventi più invasivi, acconsentendo talvolta a compromessi o rinunce a intervenire. Mi rendo conto che un giovane odontoiatra, fresco di studi e assetato di “assoluti”, possa diffidare di questa affermazione, ma devi tenere sempre a mente che c’è una bella differenza tra “curare” e “prendersi cura”…
Ribadisco il concetto di empatia: ricordati sempre che sei davanti ad una persona e cerca di guardare le cose dal suo punto di vista, ascoltandola e mettendoti nei suoi panni. Sono atteggiamenti che, purtroppo, non vengono presi in considerazione all’università e nella società in generale: è necessario, dunque, un percorso di ricerca ed affinamento personale. Lo scopo è quello di formarti una mente aperta ed elastica, che sappia dare un senso umano alla grande mole di informazioni tecniche a cui puoi avere accesso nel corso dei tuoi studi e del tuo aggiornamento professionale.
E infine… buona fortuna!